
Dante, Inferno, Canto VII, 40/42. “Ed elli a me: “Tutti quanti fuor guerci/ sì de la mente in la vita primaia,/che con misura nullo spendio ferci”. Inchiostro ed acquerello. 51 x 33.
Siamo arrivati al quarto cerchio dell’Inferno di Dante. Di guardia c’è un impotente Pluto, “maledetto lupo” che con questo appellativo già introduce il senso del canto, l’avarizia. Ho però deciso, al momento, di trascurare questo incipit e il suo ben noto “Pape Satan, Pape Satan Aleppe”!.
Proseguendo, la scena presenta anime dannate che spingono senza sosta, avanti e indietro, macigni enormi. Sono le anime di avari e di prodighi in vita. Allora furono schiavi della loro avidità: gli avari del denaro, i prodighi dei beni del mondo. Ora sono incatenati ad enormi ed inutili macigni, come “ergastolani” , per dirla con Vittorio Sermonti. Senza “misura” fu la vita, senza “misura” è la pena.
La scena è stata “visualizzata” da molti illustratori della Divina Commedia, anche se con taglio e composizioni diverse: dal campo lungo a primi piani più drammatici, come, di recente, nel caso del bravissimo Gabriele Dell’Otto. Siccome cerco di mettere sempre Dante al centro dell’azione, ho optato per un formato orizzontale e un campo lungo “ma non troppo”, con l’idea di rendere la prima impressione che avrei ricevuto io sbucando sulla scena del quarto cerchio.
Dante fa percepire anche l’assordante rumore dei massi rotolati e delle urla dei dannati. Questi si scontrano ritmicamente al termine del loro “avanti e indietro” gridandosi di rimando, l’un l’altro, l’assai noto: “perchè tieni? … Perchè burli?” Non è facile tradurre tutto questo con il disegno senza avvalersi delle tecniche del fumetto. Ho pensato quindi di far rotolare i massi su un duro selciato, pietra contro pietra, rievocando così il frastuono di antichi carriaggi sul basolato romano e medievale. Qualcuno ricorderà dai propri studi come fosse vietato nei centri delle città romane, in certi orari, il traffico di carri e carretti!
“Avari e Prodighi” è la mia decima illustrazione dedicata all’Inferno: come si può notare vado su formati più contenuti rispetto alle prime. A me piace un disegno il più “descrittivo” possibile, e quindi con molti dettagli. Questo, abbinato alla tecnica dell’acquerello mi ha indotto pian piano a contenere il “quadro”: un modo anche per evitare composizioni facilmente squilibrate per il tanto spazio disponibile, come nel caso di quella dedicata a Minosse.